La “nuova stagione” del Fotovoltaico

Ci sentiamo di poterlo affermare senza tema di smentite ed in controtendenza rispetto all’opinione oggi diffusa sulla stampa e tra molti tecnici addetti ai lavori; ciò per una serie di ragioni di cui le principali esamineremo brevemente qui di seguito.

‘Motori’ e sviluppi di mercato attesi

I programmi e le strategie d’incentivazione delle fonti rinnovabili e del FV in particolare, hanno spinto il mercato europeo (in special modo quello tedesco e quello italiano) a livelli straordinari, perché drogati dai sostanziosi incentivi. Cessati gli incentivi il mercato si è ovviamente ridimensionato moltissimo e resta attivo quasi esclusivamente per i piccoli impianti che, in Italia, godono dell’incentivo fiscale del 50% spalmato in dieci anni.

Però è da considerare che le misure, la cui adozione è imposta dall’Unione Europea, finalizzate all’edificio “zero emission”, condurranno i costruttori a dotare obbligatoriamente di un impianto FV l’edificio perchè diventi auto sufficiente e in grado di auto produrre l’energia necessaria a soddisfare le esigenze dei suoi occupanti. In pratica si dovrà dotare gli edifici di un impianto micro-eolico o di un impianto FV; e mentre il primo è realizzabile solo in determinate condizioni e località, il secondo lo è ovunque. Ciò contribuirà certamente a mantenere attivo questo segmento del mercato.

Impianti ‘compositi’ per il prossimo mercato

L’edificio a energia zero avrà bisogno non solo di autoprodurre la ‘sua’ energia dalle rinnovabili, ma anche di accumularla.

Peraltro sono attualmente in corso valutazioni e studi finalizzati a stimare l’effetto e la funzione di accumulo associata ad un sistema composito, che governato dalla domotica massimizzi l’autoconsumo dell’energia aleatoriamente prodotta da un impianto eolico, termico o fotovoltaico. Il sistema sopra ipotizzato non ricorrerebbe all’integrazione di un costoso sistema di accumulo elettrico, ma demanderebbe la funzione di accumulo e restituzione dell’energia, convertita in energia termica, alla struttura stessa dell’edificio. Ciò, ad esempio, grazie ad un sistema ibrido costituito da impianto a energia rinnovabile, pompa di calore elettrica o ad assorbimento, impianto termico, impianto domotico; meglio se progettati in modalità BIM.

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I costi

I prezzi, che erano crollati negli anni del boom del FV in regime di conto energia, si sono ulteriormente abbassati negli ultimi due anni. Per coprire il fabbisogno elettrico della famiglia media, che oggi viene stimato in 3.800 kWh/anno, al Nord si dovrà disporre di un impianto da 3,5 kWp, al Centro da 3 kWp, e al Sud da 2,75 kWp; laddove il costo per kW di un impianto di buona qualità è dell’ordine dei 2.100 Euro + Iva 10%.

Il ritorno economico

Cessati gli incentivi del ‘conto energia’, resta disponibile la detrazione fiscale del 50%, che permette il recupero di metà dell’investimento in 10 anni, mentre l’energia in eccesso scambiata con la rete è remunerata con lo ‘scambio sul posto’.

Tutti i conti fatti, il fotovoltaico sul tetto di casa, dello stabilimento aziendale o dell’edificio residenziale/terziario, che può accedere al recupero fiscale, conviene ancora. Il risparmio è maggiore quanto più alti sono i consumi e quanto più alta è la quota di energia che si riesce ad usare direttamente mentre l’impianto produce, cioè in ‘autoconsumo’, senza farla passare per la rete di distribuzione.

Le nostre simulazioni

Abbiamo fatto delle simulazioni con le seguenti ipotesi:

  • costo dell’impianto: 2.100 €/kW + Iva 10%
  • costo dell’energia: 0,24 €/kWh
  • percentuale di autoconsumo del 30%
  • consumo dell’utenza = 3.800 kWh/anno

I tempi di ritorno, così come l’investimento necessario, ovviamente variano a seconda della zona geografica.
Con le ipotesi dette, il tempo di ritorno è dell’ordine dei 7 anni per il Sud Italia, 8 anni per il Centro e quasi 9 anni per il Nord. Da notare che nel caso di un’utenza con consumi più elevati, perchè utilizza apparecchiature elettriche energivore, come le pompe di calore per il riscaldamento, i tempi di ritorno saranno più convenienti.

Migliorare il ritorno economico

  • Aumentare l’autoconsumo

Concentrando i consumi e cercando di farli coincidere con le ore in cui l’impianto produce cambia il parametro autoconsumo; portandolo ad esempio al 50% i tempi di ritorno si abbassano di un anno o più.

  • Sfruttare meglio l’energia elettrica

Per esempio, se passiamo da un riscaldamento a gas ad un riscaldamento con un sistema a pompa di calore, implementato con una dotazione di accumulo dell’energia elettrica i consumi elettrici aumentano, però migliora la quota di autoconsumo e i tempi di ritorno si abbassano ulteriormente, in quanto viene azzerata la bolletta del gas. Ma questo argomento merita un post dedicato per il quale diamo appuntamento a presto.

In conclusione, abbiamo potuto constatare che, in ragione dell’abbassamento dei prezzi e con opportuni accorgimenti d’impianto, i tempi di ritorno attuali sono tornati ad essere comparabili a quelli che avevamo ai tempi d’oro del migliore conto energia.


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